La relatività ristretta: trasformazioni di Lorentz e principali conseguenze
Nella relatività Ristretta, presentiamo alcune note con particolare attenzione alle trasformazioni di Lorentz e alle principali conseguenze che ne derivano, come la revisione del concetto di tempo e spazio assoluti sostenuti da Newton, la perdita del carattere di assolutezza della simultaneità tra due eventi e la non applicabilità delle trasformazioni di Galileo a velocità prossime a quella della luce. Queste brevi note non sono complete, pertanto invitiamo il lettore a consultare testi specializzati, ma sono esaurienti per un corso di Fisica I.
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Autori e revisori sulla relatività ristretta
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Introduzione sulla relatività ristretta
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Nel 1905 Einstein propone una teoria chiamata teoria della relatività ristretta. La prima novità è che Einstein postula l’invarianza in forma delle leggi fisiche che descrivono tutti i fenomeni, non solo meccanici ma anche elettromagnetici, in tutti i sistemi di riferimento inerziali. La seconda novità introdotta da Einstein è il postulato della invarianza della velocità della luce (sempre pari a ), indipendentemente dal sistema di riferimento, in contrasto con le trasformazioni di Galileo. In questo modo Einstein dimostra che la sua teoria riproduce di fatto la teoria della relatività di Galileo a basse velocità (principio di corrispondenza): le trasformazioni di Galileo vengono sostituite con quelle di Lorentz e queste si riducono alle trasformazioni di Galileo nell’ipotesi in cui , dove è il modulo della velocità del sistema di riferimento inerziale. Inoltre la relatività ristretta predice una nuova classe di fenomeni trovando ampia conferme dal punto di vista sperimentale. Dunque, i principi sul quale si basa la relatività ristretta sono:
- Principio di relatività
Le leggi della fisica sono le stesse in ogni sistema di riferimento inerziale.
- Principio di costanza della velocità della luce
La velocità della luce è pari a in ogni sistema di riferimento.
- III principio della dinamica
Dato un sistema isolato la quantità di moto e il momento angolare totale del sistema si conservano.
Osserviamo che 1. e 3. sono principi già presenti nella meccanica classica. La novità è rappresentata da 2. in contrasto con le trasformazioni di Galileo.
Trasformazioni di Galileo
Leggi.
Si considerino due sistemi di riferimento e , con i rispettivi assi paralleli, entrambi inerziali, ove ha una velocità rispetto a . Senza perdita di generalità supponiamo in e che , dove è il versore dell’asse . Inoltre, consideriamo un punto avente distanza e rispettivamente da e . Di seguito rappresentiamo quanto esposto in figura.
Per la regola del parallelogramma abbiamo
(1)
dove abbiamo sfruttato il fatto che si muove di moto rettilineo uniforme rispetto a . Siano , e i versori rispettivamente dell’asse , e . Esprimendo , e in funzione dei versori , e , abbiamo
da cui
che sono proprio le trasformazioni di Galileo.
Derivando (1) otteniamo
(2)
dove è la velocità di rispetto a e è la velocità di rispetto a .
Osserviamo che (2) entra in contrasto con il principio di costanza della velocità della luce, infatti per rispettare tale principio deve valere
e pertanto tale principio varrebbe solo in un particolare sistema di riferimento e non in tutti.
L’equazione (2) risulta essere vera per velocità molto basse (ovvero molto inferiori alla velocità della luce). Si osservi che nelle trasformazioni di Galileo stiamo usando il concetto di tempo assoluto, ovvero che il tempo scorra in modo uguale nei due sistemi di riferimento e ; con l’assunzione del principio di costanza della velocità della luce è necessario rivedere il concetto di tempo visto fino ad ora, affinché possa valere tale principio ci aspettiamo che nei due sistemi il tempo scorra diversamente. Il concetto di tempo si basa su:
- individuazione di uno strumento che compie cicli di durata rigorosamente costante;
- possibilità di giudicare la sincronizzazione di due eventi.
Quindi il primo punto si basa sull’individuazione di uno strumento che compie cicli di durata costante, attraverso il quale dati due eventi e è possibile misurare il tempo che intercorre tra l’evento e l’evento ; il secondo punto si basa sulla possibilità di giudicare la contemporaneità (o sincronismo) di due eventi.
Dal punto di vista operativo si procede come segue: dati due eventi e e un orologio, se si è in grado di far partire il conteggio delle oscillazioni dell’orologio in sincrono con l’evento e di fermarlo in sincronismo con l’evento diremo che siamo in grado di giudicare la contemporaneità dei due eventi. Cerchiamo di comprendere meglio il concetto di sincronismo.
Siano e due eventi che avvengono nello stesso posto.
- L’evento è avvenuto prima di se può influenzare ;
- l’evento è avvenuto prima di se può influenzare ;
- i due eventi si dicono contemporanei se nessuno dei due influenza l’altro.
Per confrontare i due eventi abbiamo bisogno di due osservatori. Siano e due osservatori che misurano rispettivamente due eventi e . Entrambi gli osservatori misurano i due eventi e tramite due orologi differenti. Il problema che si pone è come sincronizzare i due orologi contemporaneamente. Il problema sta nell’assicurarsi che non solo essi misurino il tempo allo stesso ritmo (nel senso che non vadano né avanti né indietro uno rispetto all’altro), ma anche che entrambi gli orologi abbiano la stessa origine del tempo, nel senso che, entrambi gli orologi inizino il loro conteggio a partire dallo stesso evento. In poche parole, i due orologi devono partire nello stesso momento (cioè avere la stessa origine dell’asse del tempo) e avere lo stesso numero di cicli (non devono essere sfasati).
Tecnica del segnale orario
Per regolarizzare orologi lontani si usa la tecnica del segnale orario, cioè si invia un segnale ad entrambi gli orologi, in modo che entrambi gli orologi possano partire in sincronismo con l’arrivo del segnale. Solitamente il segnale è un treno d’onda elettromagnetica, ovvero un segnale radio.
Tramite questa tecnica è possibile sincronizzare sempre i due orologi. Cerchiamo di capire come questa procedura funzioni anche quando consideriamo due sistemi di riferimento diversi aventi velocità pari a non trascurabile, ovvero molto vicino alla velocità della luce.
Si considerino due sistemi di riferimento e , dove si muove con velocità non trascurabile rispetto a . Supponiamo che i due orologi e siano solidali a .
L’orologio è portato nell’origine e si trova sull’asse ad una distanza da .
Sperimentatore solidale al sistema in moto
Vogliamo dimostrare che gli orologi e sono sincronizzati in . Uno sperimentatore solidale a attua la procedura di sincronizzazione degli orologi facendo partire il segnale dal punto di mezzo . Quando il segnale arriva in e in i due orologi partono, per lui, in sincronismo.
Dimostrazione. Nel sistema di riferimento le leggi orarie della luce che è diretta verso e verso sono rispettivamente
Poniamo per la prima equazione e per la seconda equazione, ottenendo
quindi .
Quanto ottenuto dimostra che l’osservatore vede sincronizzare i due orologi.
Ora poniamo un osservatore solidale con .
Sperimentatore solidale al sistema in quiete
Vogliamo dimostrare la non sincronicità degli orologi nel sistema di riferimento . Uno sperimentatore solidale a attua la procedura di sincronizzazione degli orologi facendo partire il segnale dal punto di mezzo . Lui non vedrà sincronizzare i due orologi.
Di seguito l’immagine esplicativa di quello che succede.
Dimostrazione. Lo sperimentatore vede quanto segue: mentre il segnale orario procede da verso gli orologi, il sistema (e con esso i due orologi) si è spostato nel verso positivo dell’asse delle . Quando la luce arriva nella posizione , nella quale l’orologio nel frattempo si è portato, dall’altro lato arriva nella posizione simmetrica ad rispetto a . Nel frattempo l’orologio si è portato in .
Questa semplice trattazione di carattere empirico, dimostra che gli orologi in si sincronizzano, mentre in no, poiché chiaramente il segnale luminoso arriverà dopo in e quindi l’orologio partirà più tardi.
Dilatazione dei tempi e contrazione delle lunghezze nella relatività ristretta
Leggi.
Dilatazione dei tempi
Consideriamo due sistemi inerziali e , dove ha velocità relativa rispetto a e due orologi: uno in solidale con e uno in solidale con .
Ci chiediamo che relazione intercorre tra il tempo che batte in e il tempo che batte in quando si osserva da ?
Come visto in precedenza, quando abbiamo introdotto le trasformazioni di Galileo, l’accettare le leggi della relatività ristretta non solo implica il fatto che gli orologi non si sincronizzano, ma bisogna rivedere anche il concetto di tempo. Consideriamo due sistemi inerziali e , dove ha velocità relativa rispetto a . Inoltre, siano due orologi, uno in solidale con e uno in solidale con . Vogliamo stabilire che relazione intercorre tra il tempo che batte in e il tempo che batte quando si osserva da . Immaginiamo di avere due orologi e entrambi che si basano sull’oscillazione di un segnale luminoso, come nella figura che segue.
L’orologio funziona come segue: un segnale luminoso viene emesso dalla sorgente e viene rilevato dal rilevatore dopo essere stato riflesso dallo specchio . Si supponga che e siano dapprima coincidenti nello stesso punto.
Osservando da un sistema di riferimento solidale con l’orologio il tempo impiegato dal raggio è dato da
Guardando invece l’orologio che si muove, il raggio luminoso (che procede da qualunque punto di osservazione a velocità ) compie un percorso più lungo, perché mentre il raggio luminoso si muove da a passando per il rilevatore si sposta di un tratto
Abbiamo dunque
Inoltre, sapendo che (o anche ) elevando al quadrato ambo i membri della precedente equazione, otteniamo
dove abbiamo usato
Svolgendo i calcoli, si ha
Dunque, il tempo scandito dall’orologio in scorre più lentamente del tempo scandito dall’orologio in . Per concludere definiamo
- tempo proprio: è il tempo battuto dall’orologio solidale con l’osservatore (nel nostro caso );
- tempo improprio: quando non è proprio (nel nostro caso ).
Quanto ottenuto si può riformulare come segue: il tempo battuto dall’orologio mobile rispetto all’osservatore scorre più lentamente del tempo proprio.
Contrazione delle lunghezze
Al fenomeno di dilatazione dei tempi si aggiunge il fenomeno della contrazione delle lunghezze. Consideriamo ancora due sistemi inerziali e , dove ha velocità relativa rispetto a . Si supponga di avere due osservatori rispettivamente in e . Si vuole misurare la lunghezza di una sbarra solidale a e disposta parallelamente all’asse .
Posto un traguardo dotato di cronometro solidale a (ad esempio il cronometro può essere posto in ), la lunghezza della sbarra viene misurata misurando l’intervallo di tempo che intercorre fra quando il traguardo passa, rispettivamente, davanti e . L’osservatore misurerà
perché per l’osservatore l’orologio si muove con velocità insieme a . Si osservi che è un tempo improprio. Per l’osservatore l’orologio risulta fermo e la sbarretta risulta muoversi con velocità . Dunque, il valore della lunghezza misurata da è
dove è un tempo proprio. Facendo i rapporti tra le due, otteniamo
Sapendo che
si trova
e pertanto otteniamo
Concludiamo che dall’osservatore mobile la lunghezza appare contratta (più piccola) di un fattore rispetto al valore misurato dall’osservatore fermo rispetto alla sbarra stessa, cioè rispetto alla lunghezza propria (contrazione delle lunghezze).
Trasformazioni di Lorentz, spazio-tempo e trasformazioni relativistiche della velocità nella relatività ristretta
Leggi.
Trasformazioni di Lorentz
Consideriamo gli usuali sistemi di riferimento e , dove si muove con velocità costante parallela all’asse delle e tale per cui valga . Di seguito, in figura, rappresentiamo la situazione descritta
Le trasformazioni di Lorentz hanno la seguente forma
(3)
e
(4)
dove si è tenuto conto di quanto ottenuto fino ad ora, cioè dei seguenti risultati:
In relatività ristretta è usuale introdurre il vettore a quattro dimensioni, ovvero
dove
Il vettore a quattro dimensioni viene definito quadrivettore a posizione degli eventi nello spazio-tempo. Si osservi che rappresenta lo spazio percorso dalla luce nel tempo. Tramite semplici passaggi è possibile esprimere le trasformazioni di Lorentz in funzione del quadrivettore, cioè
e
dove
Per amore della completezza riportiamo anche la forma matriciale delle trasformazioni di Lorentz
e
Determiniamo le leggi di trasformazione delle coordinate spazio-temporali della velocità che si ottiene dalle equazioni di Lorentz.
Consideriamo un oggetto che si muove con velocità nel riferimento mobile . Vogliamo determinare la relazione che sussiste tra e la velocità con cui l’oggetto è visto muoversi da un osservatore solidale con .
Per definizione di velocità abbiamo
da cui, differenziando (4), otteniamo
Dividiamo le prime tre equazioni per la quarta, ottenendo
Ora moltiplichiamo per il membro destro di ogni equazione, del precedente sistema ottenendo
(5)
Procedendo analogamente a prima, otteniamo i seguenti risultati
(6)
Si osservi che nell’ipotesi che valga
le equazioni si riducono alle trasformazioni classiche di Galileo.
Principio della velocità limite: quando , a prescindere da , allora si avvicina alla velocità della luce senza mai superarla.
Pertanto le trasformazioni di Lorentz contengono quello che si chiama principio della velocità limite come conseguenza del principio della relatività e del principio di costanza della velocità della luce. In altri termini non si può osservare un oggetto (o un segnale) che si muova ad una velocità superiore a .
Covarianza relativistica delle leggi fisiche
Accettando i principi della relatività ristretta è necessario rivedere anche la definizione delle grandezze dinamiche e delle relative leggi. Infatti come è noto le equazioni di Newton sono covarianti per le trasformazioni di Galileo ma non per le trasformazioni di Lorentz. L’equazione di Newton è covariante per trasformazioni di Galileo, dove per covariante si intende che tale equazione mantiene la stessa forma da un sistema ad un altro.
Dimostriamo che le equazioni di Newton () si trasformano nello stesso modo passando da un sistema ad un altro (o in altri termini che è covariante per trasformazioni di Galileo). Ovviamente come è ben noto è la forza totale agente su un punto materiale di massa m e è la sua accelerazione rispetto al sistema di riferimento inerziale.
Dimostrazione.
Consideriamo due sistemi di riferimento e entrambi inerziali, con velocità relativa . Senza perdita di generalità supponiamo che all’istante iniziale e (in generale e non sono paralleli , infatti nella figura che segue abbiamo rappresentato la situazione più generale possibile).
La relazione che intercorre tra il punto materiale e i sistemi di riferimento è
dove è la distanza di da , è la distanza di da ed infine è la distanza tra e .
Siano e e e i versori rispettivamente degli assi e e e .
Abbiamo
ed infine
dove abbiamo sfruttato il fatto che il sistema di riferimento si muove di moto rettilineo uniforme rispetto ad , pertanto è costante in modulo, e in particolare le sue componenti e sono costanti.
Dato
moltiplicando ambo i membri dell’equazione per , otteniamo
Analogamente moltiplichiamo ambo i membri per , otteniamo
Infine, facciamo similarmente con , ottenendo
Mettendo a sistema le precedenti equazioni otteniamo
oppure in forma matriciale, cioè
La matrice è detta matrice di rotazione. Una delle sue caratteristiche principali è che , cioè che la matrice inversa è uguale alla matrice trasposta.
Moltiplicando ambo i membri della precedente relazione per e tenendo conto che con matrice identità, otteniamo
Gli angoli che i diversi versori formano tra loro sono rappresentati nella figura che segue.
Tuttavia, a noi interessa solo il caso in cui valga
che equivale a chiedere , e . Di seguito la figura esplicativa.
Dunque le trasformazioni di Galileo sono
Derivando ambo i membri del precedente sistema, si ottiene
Derivando ancora otteniamo
in altri termini
da cui
Quanto ottenuto ci dice che l’accelerazione del punto è invariante per trasformazioni di Galileo. Le trasformazioni di Lorentz invece non sono covarianti, infatti riprendendo le leggi della velocità (5) e (6) partendo dalle trasformazioni di Lorentz, e procedendo analogamente a prima (ovvero il procedimento proposto per determinare le leggi della velocità) si possono trovare le trasformazioni dell’accelerazione. Dopo di che, procedendo come per le trasformazioni di Galileo, si dimostra che non sono covarianti. In altri termini, si troverà che l’accelerazione del punto materiale non è la stessa in tutti i sistemi di riferimento inerziali, da cui l’equazione , nel caso delle trasformazioni di Lorentz non è covariante.
Osservazione. Anche se esula dagli scopi di questa dispensa, facciamo presente al lettore che grazie al formalismo quadrivettoriale si può recuperare la covarianza della legge di Newton relativistica della quadriforza.
Esperimento di Michelson e Morley
Leggi.
Teoria dell’etere
La tendenza generale nel mondo della scienza era quello di rinunciare al principio della relatività (che del resto era stato enunciato da Galileo solo in relazione ai fenomeni meccanici) ipotizzando l’esistenza dell’etere (l’etere veniva considerato un mezzo impalpabile che riempie uniformemente lo spazio vuoto). L’etere tra tutti i sistemi di riferimento inerziali individua un sistema privilegiato, ovvero un sistema di riferimento in quiete rispetto all’etere stesso. La luce nell’etere ha velocità pari a . In questo schema quando la Terra attraversa l’etere genera una perturbazione nell’etere stesso (questa perturbazione viene chiamata vento d’etere), cioè bisogna rilevare il vento d’etere.
Illustrazione dell’esperimento
L’esperimento di Michelson e Morley ha consentito di concludere che l’ipotesi dell’etere non è realistica, dando modo ad Einstein di arrivare alla conclusione che la velocità della luce è sempre indipendentemente dal sistema di riferimento dal quale si osserva. L’esperimento di Michelson e Morley si basa sul fenomeno dell’interferenza della luce: un fascio di luce monocromatica (cioè di un solo colore) è diretto dalla sorgente di luce su uno specchio semitrasparente disposto a rispetto al raggio luminoso. Le distanze e sono uguali, mentre e sono diverse (in generale nell’esperimento si cercò di rendere queste due grandezze circa uguali). Il sistema composto da , , , ed si chiama interferometro di Michelson. Le fasi sono le seguenti:
- parte del fascio che incide su (posto a ) viene riflesso verso lo specchio mentre il resto giunge allo specchio ;
- la luce che incide su è riflessa di nuovo su e una parte di essa arriva allo schermo ;
- la luce riflessa da attraversa lo specchio e una parte di essa arriva anch’essa allo schermo ;
- i due fasci, giungendo entrambi ad , formano una figura di interferenza costituita da frange chiare e scure alternate. Nei tratti e i raggi hanno lo stesso comportamento (percorrono anche lo stesso tratto), quindi si analizza il loro comportamento in e .
Schemi e fasi dell’esperimento
Fase 1
Fase 2
Fase 3
L’apparato è montato su un sostegno di granito galleggiante su una vasca piena di mercurio così che le rotazioni attorno ad un asse passante per siano prive di scosse e attriti.
Ipotesi e attesa
Ipotesi dell’esperimento
Esiste il vento d’etere ed il Sole è fermo nel sistema di riferimento dell’etere.
Cosa ci si aspetta
La velocità della luce è pari a rispetto al sistema solare, ma non rispetto ad un sistema di riferimento terrestre, poiché la Terra si muove intorno al Sole con velocità di moto circolare uniforme (abbiamo assunto che la terra si muove di moto circolare uniforme e abbiamo trascurato la velocità della terra intorno al suo asse).
Alcune considerazioni importanti per capire la strutturazione dell’esperimento sono le seguenti: il laboratorio è un sistema di riferimento fisso sulla Terra ma si muove di velocità rispetto al Sole. L’etere si muove di velocità rispetto al laboratorio.
Procedimento
Nella prima parte dell’esperimento poniamo l’interferometro in modo tale che il segmento sia parallelo alla velocità della terra (si veda la figura che segue).
Il raggio luminoso, nel tratto si muove con velocità , mentre nel tratto si muove con velocità . Le velocità e sono entrambe rispetto all’apparato. Quindi l’intervallo di tempo necessario a compiere i tratti è
Passiamo ora alla seconda parte dell’esperimento considerando il tratto . In questo caso il raggio luminoso segue il percorso nella figura che segue. Chiameremo il tempo che il raggio luminoso impiega a fare tale percorso.
Dalla geometria del problema è chiaro che
da cui
e quindi
conseguentemente
La differenza fra i due intervalli di tempo è
dove nella terza uguaglianza abbiamo utilizzato lo sviluppo al primo ordine del seguente sviluppo di Taylor
dove è una costante . La differenza di fase dei due raggi è data da
La terza e ultima parte si svolge ruotando l’interferometro di senza modificarne la geometria. Similarmente a prima otteniamo
La differenza di fase tra i due raggi è data da
Elaborazione dati e conclusione
Con i dati dell’esperimento si ottiene
cioè le frange dell’interferenza si dovrebbero spostare di un tratto pari a volte la distanza tra i due massimi successivi ma in realtà non si vide alcun spostamento nonostante gli strumenti potessero evidenziare uno spostamento fino a .
L’esperimento fu ripetuto in diversi periodi dell’anno da differenti fisici ma senza risultati differenti.
- Qui trova senso la vasca di mercurio per rotazioni prive di scosse e attriti. ↩
Riferimenti bibliografici per le note sulla relatività ristretta
[1] C.Mencuccini, V.Silvestrini. Fisica 1. Meccanica – Termodinamica. Casa editrice Liquori editore.
[2] S.Focardi, I.Massa, A.Ugozzoni. Fisica generale – Meccanica e termodinamica. Casa editrice Ambrosiana.
[3] P.Mazzoldi, M.Nigro, C.Voci. Fisica. Meccanica e Termodinamica. Casa editrice EdiSES.
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